MARTIRANO LOMBARDO – “L’obiettivo di questo tour, come per tutti gli altri, è semplicemente quello di progredire come musicisti. Non conosco modo migliore di fare progressi musicalmente del suonare un mucchio di date in giro per il mondo con la propria band”. Parola di Michael Lee Firkins, primo super ospite della nuova stagione targata RockOn – Martirano Lombardo, la rassegna classic rock organizzata dall’omonima associazione che negli anni è riuscita a portare in Calabria mostri sacri della musica come Steve Lukather, Robben Ford e Steve Vai. Non fa eccezione Michael Lee Firkins, guitar hero del Nebraska approdato a Martirano nel corso del suo lungo tour europeo a supporto del nuovo Ep, “Knock On Wood”, ennesimo tassello blues oriented di una carriera caratterizzata, sin dallo dallo sfolgorante esordio prodotto dalla Shrapnel Records, da un instancabile processo di riscoperta delle radici della musica americana che lo ha portato a emanciparsi dalla shredding mania e imporsi come virtuoso della chitarra southern rock. Un percorso anticonvenzionale culminato in “Yep”, ultimo full-lenght acclamato dalla critica, che lo ha definito “uno dei migliori album roots del decennio”, e registrato insieme a leggende southern come Matt Abts e Andy Hess dei Gov’t Mule e Chuck Leavell (Allman Brothers Band, Eric Clapton e Rolling Stones, giusto per citarne qualcuno).
E sembrerebbero proprio i “Muli” di Warren Haynes e Allen Woody i principali punti di riferimento di un all star trio – completato da Chris Siebken alla batteria e Barend Courbois dei Blind Guardian al basso – molto vicino alle gloriose jam band del passato, che ha stupito il pubblico martiranese con una setlist in perfetto equilibrio tra composizioni originali e cover, ricca di pezzi dilatati, improvvisazioni e virtuosismi da capogiro mai ridondanti o gratuiti. Si parte proprio da un classico dei fratelli Allman, “Dreams”, primo tributo alla tradizione sudista ripresa in seguito da una tiratissima versione di “I Know a Little” dei Lynyrd Skynyrd in cui la chitarra di Firkins riesce persino a non far sentire la mancanza del piano di Billy Powell.
C’è spazio, ovviamente, anche per l’immancabile repertorio di Jimi Hendrix, ground zero di generazioni e generazioni di axemen, omaggiato con “Hey Joe” e con una straordinaria “Voodoo Child” suonata interamente alla slide.
Ultima cover in scaletta il tema di “Pink Panther”, già riarrangiato a suo modo da Firkins sull’album “Decomposition” nel 1999. Due, invece, i pezzi tratti da “Yep”: “Cajun Boogie” e, soprattutto, una torrenziale “Golden Oldie Jam” caratterizzata dal costante dialogo con una sezione ritmica precisa e dinamica, capace di guidare il leader nei suoi lunghi tour de force chitarristici senza la benché minima sbavatura. Degno di nota, in particolare, il lavoro di Barend Courbois, chiamato a sotituire i ricami di Chuck Leavell nella versione in studio. Numerosi, poi, i brani strumentali, occasione per far sfoggio di un bagaglio enciclopedico in grado di attraversare con incredibile maestria generi e stili differenti, anche all’interno della stessa composizione: è il caso del trittico estrapolato da quell’instant classic rappresentato dall’omonimo album d’esordio (“Cactus Cruz”, “Laughing Stacks” e “Runaway Train”), di “Saturday Morning”, tratta dall’unico lavoro in studio degli Howling Iguanas, e di “Big Red”, encore in bilico tra jazz e country impreziosito dall’ennesima citazione hendrixiana con “Thrid Stone From The Sun”.
È l’ultimo scintillante atto di un live memorabile che certifica l’impressionante versatilità di uno dei chitarristi più interessanti dell’era Shrapnel, come confermato dalla parole del presidente Vittorio Lanzo: “Siamo molto soddisfatti della strepitosa performance di Michael Lee Firkins, protagonista di un concerto in cui abbiamo assistito alla notevole evoluzione di un musicista incredibilmente dotato che non è rimasto ostinatamente fedele alle sue origini ma ha preferito indirizzare il suo enorme talento verso i suoi gusti e la sua attitudine, che non è quella del solista ma quella del musicista al servizio della band. Non è un caso, infatti, che abbia scelto partner validissimi con cui poter interagire costantemente, molto più di un semplice gruppo di accompagnamento. E questa è una delle caratteristiche che più ho apprezzato in Firkins, un chitarrista che ha ben chiaro il concetto di band, aspetto che lo distingue da molti altri shredder”.
In chiusura, parole d’elogio anche per i Quantum Leap, opening act della serata: “Ho sempre ritenuto l’opening fondamentale – conclude Lanzo – e i Quantum Leap si sono confermati una band di assoluto valore composta da musicisti di altissimo livello. Il loro è stato un set molto potente, l’ideale prima di uno show come quello di Firkins, e siamo contentissimi di aver fatto ancora una volta la scelta giusta”.
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