Dall’istituzione del 25 Novembre alla panchina rossa di Conflenti: sensibilizzare contro la violenza come primo step per combatterla.
Oggi, 25 Novembre, si celebra nel mondo la Giornata contro la Violenza sulle donne, ricorrenza istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che invita ad organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle più devastanti violazioni dei diritti umani. Il giorno, però, non è stato scelto a caso. Era il 25 Novembre del 1960 quando i corpi delle tre sorelle Mirabal, Patrizia Minerva e Maria furono ritrovati in fondo ad un precipizio. Erano state catturate in una imboscata, in quanto coinvolte in prima persona nella resistenza contro il regime, dagli agenti dei servizi segreti del dittatore Trujillo che per più di 30 anni ha governato la Repubblica Domenicana.
È inutile ribadire che nonostante il trascorrere del tempo, l’evoluzione e il progresso della società, le donne continuino ad essere vittime, e più delle volte inconsapevoli, delle persone che stanno loro accanto. Nel mondo, infatti, la violenza interessa 1 donna su 3 con un aumento esponenziale durante la pandemia. In Italia i dati ISTAT mostrano che il 31,5% delle donne ha subito qualche forma di violenza che sia fisica, verbale o psicologica. L’uomo sviluppa una forte misoginia che lo porta a disprezzare il sesso femminile considerando sé stesso superiore e migliore. I dati dimostrano che la maggior parte delle violenze avvengano tra le mura domestiche; le vittime tendono a non denunciare e a nascondere gli abusi per paura o per l’illusione che ciò che è accaduto sia soltanto un evento sporadico. Difatti, il cosiddetto “ciclo della violenza” sintetizza periodi definiti “luna di miele” in cui il rapporto sembra riprendere. È proprio qui che la vittima tende a sminuire i fatti ed il suo aggressore convincendosi che tutto vada per il meglio; ma ciò non è sempre vero: riprenderanno le tensioni, le aggressioni e gli insulti. Trovare la forza per denunciare non è facile e spesso è questo il primo ostacolo da superare per le vittime. Oggi gli strumenti a disposizione sono sempre più capillari. Oltre alle forze dell’ordine in caso di pericolo ci si può rivolgere al Numero Nazionale Antiviolenza e Stalking 1522 o ai Centri Antiviolenza distribuiti sul territorio Nazionale. Sono state create altre “soluzioni” al problema per cercare di facilitare la “denuncia” (anche in presenza dell’aggressore) della violenza: la possibilità di poter chiedere in una farmacia la “mascherina 1522”. Anche i social hanno sposato quest’iniziativa: su TIK TOK si sta diffondendo un “segnale antiviolenza” che consiste nel posizionare il palmo della mano verso la fotocamera o verso la persona che a cui si vuol fare vedere la segnalazione; successivamente si mette il pollice dietro e si chiudono le quattro dita intrappolandolo. Il pollice intrappolato è il segnale che si è vittima di abusi.
Anche noi volontari del Centro Studi Futura in sintonia con i componenti dell’Associazione “Una Voce Tante Voci” abbiamo provato, nel nostro piccolo, ad avvicinarci a questa causa pitturando una panchina di colore rosso, che vuole rappresentare il “posto occupato” da una donna vittima di femminicidio, arricchendola di una frase per noi significativa “L’Amore non lascia lividi”.
Siamo consapevoli che una dedica non basti, perché per cambiare la realtà dei fatti bisogna prima provocare un cambiamento radicale nella società. Bisogna cambiare le mentalità di tutti, bisogna imparare ad essere sensibili alla violenza, a riconoscerla in quanto tale per riuscire così a combatterla nel modo giusto. Allora è importante partire dal basso, dalle piccole cose che nella vita di tutti i giorni a volte neanche notiamo. Violenza non è soltanto fare del male ad una donna fisicamente, violenza è anche quando si fanno dei complimenti un po’ troppo spinti ad una ragazza per strada, quando le si fanno delle battute sessiste che la fanno sentire inferiore. Basterebbe capire che non c’è differenza tra uomo e donna, che quest’ultima va trattata allo stesso modo, che tutti abbiamo gli stessi diritti e la stessa dignità e che, se una donna vuole indossare una gonna corta, nessuno è autorizzato a pensare male di lei e a decidere come usurpare il suo corpo, che siano parole o terribili gesti.